Esperimento di Stern-Gerlach
In un paper pubblicato nell'aprile del 1922, Otto Stern e Walther Gerlach descrissero un esperimento in cui un raggio d'atomi di argento veniva fatto passare attraverso i poli di un forte elettromagnete, così da sottoporlo ad un campo magnetico gradientato; gli atomi in uscita si depositavano su una lastra fotografica disposta perpendicolarmente al fascio.
In che maniera gli atomi avrebbero colpito la lastra? Questa era la domanda. Secondo un'estensione della teoria semiclassica della struttura atomica di Bohr (1913), gli atomi si sarebbero depositati in maniera discreta, confermando la quantizzazione del momento magnetico. Stern, invece, era convinto che si trattasse di un'ipotesi troppo bizzarra e che gli atomi si sarebbe distribuiti sulla lastra in maniera continua, proprio come dei rotori magnetici classici farebbero nelle condizioni descritte.
L'esperimento era sfidante sia dal punto di vista economico, soprattutto per la Germania del primo dopoguerra, sia dal punto di vista tecnico (bisognava far cooperare la pompa da vuoto mentre si manteneva il gradiente lungo il magnete e le alte temperature necessarie per portare l'argento allo stato gassoso). Ciononostante, Stern, Gerlach e collaboratori furono ostinati abbastanza da riuscire nell'intento e, in una notte del febbraio 1922, Gerlach osservò due bande separate e simmetriche. La mattina successiva, Gerlach scrisse le seguenti parole a Stern con un telegramma:
“Bohr was right after all.”
Quel che allora non potevano immaginare è che, in effetti, nemmeno Bohr aveva esattamente ragione. Infatti, è vero che l'argento prossiede un elettrone spaiato sull'orbitale più esterno, ma è anche vero che si tratta di un 5s, un orbitale sferico; e sferico vuol dire simmetrico, quindi alla funzione d'onda dell'elettrone è associato un momento angolare nullo (non può generare un campo magnetico). Ma allora, perché si osservava la scissione in due bande?
A possedere un momento di dipolo magnetico era l'elettrone stesso.
Qui arrivano le vere botte di fortuna, perché si supponeva che l'elettrone avesse un momento angolare $\hbar$, ma, come avrebbe spiegato successivamente Dirac, se misurato lungo un asse ($z$), l'elettrone ha un momento angolare $\hbar/2$, non $\hbar$, perciò la separazione tra le bande sarebbe stata diversa da quella predetta. Come lo stesso Dirac mostrò qualche anno dopo, l'elettrone è dotato di un fattore giromagnetico $g = 2$, ossia possiede un momento magnetico raddoppiato rispetto a quello che ci si aspetterebbe per il suo spin. Insieme, l'influenza del fattore giromagnetico uguale a $2$ e del momento angolare uguale a $1/2$ hanno fatto sì che sulla lastra fosse osservato uno splitting conforme alle previsioni.
Alla combinazione vertiginosa di abilità tecnica e fortuna che ha portato alla riuscita di questo esperimento dobbiamo sia lo sviluppo repentino della teoria successiva (Pauli, Uhlenbeck e Goldsmith con la teoria dello spin, Dirac con il resto), ma anche l'evoluzione di tecniche d'analisi come l'EPR.
Fonti:
- Castelvecchi, D. The Stern–Gerlach experiment at 100. Nat Rev Phys 4, 140–142 (2022). https://doi.org/10.1038/s42254-022-00436-4
- Bauer, Martin. "The Stern-Gerlach Experiment, Translation of:" Der experimentelle Nachweis der Richtungsquantelung im Magnetfeld"." arXiv preprint arXiv:2301.11343 (2023).
Questo post ti è stato utile?
Tieni a mente che questo sito è privo di tracker, analytics e pubblicità, quindi tutela la tua privacy ma non guadagna dalle visite (inoltre, è progettato per avere un impatto ambientale minimo).
Se ti piace questo blog, sostieni le mie riserve di caffeina