Quanto acido folico è troppo acido folico?
Per decenni, acido folico è stato sinonimo di salute riproduttiva. Essendo coinvolto nella sintesi di DNA, non solo è importante per la genesi di gameti, ma anche per la prevenzione di malformazioni.
Si tratta di un composto che può essere trovato già in alimenti come gli spinaci o altri a foglia verde, ma che viene routinariamente somministrato in forma sintetica durante il periodo prenatale alla donna incinta.
Questo paper ruota intorno ad una domanda tanto semplice quanto interessante: banalmente ci si chiede "how much is too much?", cioè quanto #folato è "troppo folato"? Collateralmente: è possibile che le dosi di folato comunemente utilizzate siano pericolose per la salute delle #donne? In fondo viene somministrato quotidianamente, sicuri che non abbia più rischi che benefici?
Per capirlo dobbiamo prima farci un giro tra i #pathway biochimici del folato stesso, cioè cercare di comprenderne il metabolismo. Che l'acido folico (THF) derivi da qualche alimento o sia sintetico, è ovviamente irrilevante: dopo essere stato ingerito, viene trasformato (con un paio di passaggi) in 5-Metil-THF, cioè la forma attiva che le nostre cellule sono in grado di sfruttare per la sintesi delle purine, ovvero per processi cruciali come la riparazione di danni al #DNA che, inevitabilmente, incorrono nell'embrione sottoposto ad una rapidissima espansione.
Il 5-Metil-THF prodotto va ad alimentare un altro ciclo, detto 1-CC, che è responsabile di vari processi di metilazione. Il problema sopraggiunge in quegli individui che presentano un polimorfismo per il gene che codifica per l'enzima MTHFR, cioè per il responsabile della trasformazione del folato in 5-Metil-THF. Quando questo enzima non è efficiente come dovrebbe, il folato si accumula e determina un aumento dei rischi: "quantità particolarmente alte di acido folico possono portare alla perdita del feto, effetti citotossici, cancerogenesi; sono state individuate correlazioni tra l'incremento di acido folico e l'accelerazione di leucemie e carcinomi rettali e alla prostata", avvertono i ricercatori.
Questo vale però in dosi particolarmente alte, cioè 4-5 mg, che, tengo a sottolineare, sono assolutamente fuori scala rispetto alla pratica terapeutica comune: qui in Italia, per lo meno, le dosi sono solitamente espresse in MICROgrammi, altroché 4-5 mg.
Ne consegue che non c'è pericolo di saturare quell'enzima nemmeno negli individui che presentano il polimorfismo in questione, che è invece piuttosto comune, soprattutto per ispanici e caucasici. Il suggerimento di questi ricercatori statunitensi, comunque, sarebbe quello di passare all'utilizzo di pillole di 5-Metil-THF, così da bypassare l'enzima ed evitare completamente qualunque forma di rischio o di affidarsi più all'alimentazione che agli integratori.
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