Prendere due fotoni con una fava: un catalizzatore al rodio per generare idrogeno
Cosa faresti se per la prima volta tu ti trovassi a dover generare una fibra sintetica lucente come la seta, resistente come la seta, sottile come la seta?
Probabilmente lanceresti uno sguardo pensieroso verso il soffitto, compiresti un paio di giri su te stesso a bordo di una sedia girevole da ufficio ed emetteresti un suono simile a questo: "hmmm"; quindi noteresti quel ragno che sta lì, tranquillo, a vivere la propria vita in un angolino del soffitto, tessendo e sviolinando con le zampette da aracnide. E, magari, ti verrebbe anche un'idea: emuliamo il lavoro di quel ragno!
L'approccio alla fotosintesi artificiale è tipicamente lo stesso: sedere sotto il melo di Newton, ignorare i frutti, ché qualcosa da quelli l'abbiamo già appresa, e guardare le tiepide foglie della magica chioma che trasforma la luce in energia chimica. La parola chiave è mimesi, imitare ciò che la natura fa: questo è spesso stato un grande vantaggio, per l'essere umano, ma a volte si tratta di un limite, perché ci impedisce di essere aperti alle alternative. La speranza dei ricercatori è sempre stata quella di usare molecole separate per catturare la luce e catalizzare delle reazioni chimiche, proprio come fa il cloroplasto vegetale.
Claudia Turro, dell'Università statale dell'Ohio, insieme ai colleghi ha pensato ad un approccio fuori da questo schema ed ha cercato una molecola che si occupasse contemporaneamente di entrambe le mansioni: la cattura e la catalisi. Un fotocatalizzatore al rodio sembra essere in grado di raccogliere i fotoni necessari ed utilizzarli per catalizzare la formazione di idrogeno gassoso. A differenza di altri fotocatalizzatori, questo è in grado di sfruttare l'intero spettro della luce solare, incluse le bande del rosso visibile e dell'infrarosso. A detta di Turro, "è facile da preparare ed è anche stabile all'aria e all'acqua, cosa che non si può dire di molti sistemi ottenuti in precedenza".1
Evitare il doppio passaggio consente anche di evitare perdite nel trasferimento di carica. Il catalizzatore contiene due atomi di rodio legati tra loro a costituire un legame Rh-Rh più corto del solito, a causa dell'influenza dei ligandi benzo(c)cinnolinici ed N-N-difenilformammidici. Questo è un fattore chiave per l'incremento delle performance complessive del catalizzatore, perché altera la distanza (in termini di potenziale) tra i livelli energetici del complesso.
Sotto luce rossa, il catalizzatore da solo è in grado di produrre 28 molecole di idrogeno all'ora, ovvero 170 molecole di idrogeno al giorno. Per sfruttare il catalizzatore in maniera più pratica, sarà comunque importante accoppiarlo ad un altro catalizzatore utile alla raccolta di elettroni dalla fonte acquosa, anziché da donatori elettronici come il BNAH (utilizzato negli esperimenti in laboratorio). L'obiettivo, sul lungo termine, è quello di competere con il #fotovoltaico per la produzione di idrogeno e di sostituire il rodio con metalli di transizione più abbondanti.
Suppongo che sia stato scelto il rodio "perché dispone di un solo #isotopo stabile e quindi sarebbe stato possibile studiarlo più facilmente, sia sperimentalmente che - soprattutto - computazionalmente" (da Acrobazie orbitaliche per chimici organici: legame quadruplo col boro).
Immagini realizzate dal sottoscritto con l'ausilio di PyMOL, VMD, Speck, GIMP ed altre librerie da linea di comando come OpenBabel.
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