Abbiamo già parlato della struttura cristallografica della principale proteasi del coronavirus: già agli inizi di febbraio, un team della ShangaiTech aveva reso disponibile la sua struttura con una risoluzione di 2.16 Å (raggi x).

Si tratta di una proteina virale detta Mpro o 3CLpro che è stata già studiata per la lotta contro la SARS (Science 2003, DOI: 10.1126/science.1085658) e che ora è tornata alla ribalta perché chiaramente può tornarci utile per sviluppare farmaci contro SARS-CoV-2.

mpro-tabermann-hzb

Questa proteasi è interessante perché è essenziale per la replicazione virale ed al contempo non ha omologhi strutturali espressi dall'essere umano: ovvero non ci sono delle proteine simili fondamentali per l'attività delle nostre cellule, quindi non c'è un grande pericolo di infliggere un danno ad esse, andando ad inibire Mpro. Per dirla più brevemente, ma anche più tecnicamente, è minima la possibilità di beccare degli off-target, quindi sembra già un buon target.

Un'altra cosa che renderebbe Mpro un buon target, è che studi computazionali ( #docking ) hanno restituito alcuni frammenti molecolari potenzialmente efficaci nell'inibire l'attività proteasica (Science 2020, DOI: 10.1126/science.abb3405). I ricercatori si stanno concentrando su questi, anche se la ricerca di inibitori alternativi è ancora in ebollizione e non si può escludere che nei prossimi tempi escano fuori altre strutture.

Già da febbraio quelli su cui si nutrono maggiori speranze sono questi inibitori α-ketoammidici (nell'immagine a seguire).

alfa-keto-sviluppo

Studi in vivo su topi sani mostrano che non ci sarebbero problemi in una somministrazione dell'attivo per inalazione. In generale a livello di assorbimento - distribuzione -metabolismo - escrezione, cioè di proprietà ADME, l'inibitore presenta attualmente delle criticità, come un elevato legame alle proteine plasmatiche, ma nulla su cui non si possa lavorare, anche perché il resto dei parametri farmacocinetici sembra favorevole, soprattutto per le varianti contenenti il frammento piridonico (13a, 13b, 14b), che sicuramente è lì per restare.

Chiudo questo articolo ricordando al lettore che lo sviluppo di un farmaco non avviene mai nel giro di pochi giorni, nemmeno quando l'attenzione di svariate comunità internazionali è rivolta ai laboratori. Certo, maggiori fondi aiutano, ma è inverosimile aspettarsi un farmaco di questo tipo pronto in tempo per fronteggiare l'emergenza attuale. Questi risultati probabilmente saranno più utili in futuro, contro eventuali ritorni stagionali di questo del SARS-CoV-2 (se ve ne saranno) o per il trattamento di infezioni date da altri coronavirus.