Separazione di enantiomeri con colonna HPLC magnetizzata
Non è certo facile separare due enantiomeri partendo da un racemato - e spesso nemmeno partendo da una soluzione enantiomericamente arricchita, ma la difficoltà dell'impresa è direttamente proporzionale alla sua necessità.
L'esigenza di separare degli enantiomeri può derivare dalle motivazioni più varie; ciononostante, uno dei campi applicativi in cui risulta più lampante l'impossibilità di sfuggire a questa appassionante problematica è quello farmaceutico. Per esempio, capita spesso di dovere indagare l'attività farmacologica di una sostanza che si è rivelata attiva al fine di individuare l'eutomero ed il distomero della coppia. In certi casi tristemente famosi, il distomero si è persino rivelato tossico, per cui è chiaro che non sia nemmeno un'opzione considerabile la somministrazione del racemato come farmaco. Se la separazione di più diastereoisomeri è solitamente favorita dalla presenza di più o meno lievi differenze tra le proprietà fisiche (e quindi si può, per esempio, "semplicemente" distillare), per gli enantiomeri non esistono ad oggi simili vie di scampo, dato che posseggono le stesse proprietà fisiche e la differenza tra loro si nota solo quando vengono a contatto con altri agenti chirali, siano essi chimici o fisici (es. tecniche chirottiche come il dicroismo circolare). Allora come si procede? Al momento, la prima via che passa per la testa è preparare una corsa cromatografica in #HPLC (su fase stazionaria chirale, tipicamente).
Esistono alternative, certo, e spesso sono anche più indicate di quella appena citata, ma questo dipende esclusivamente dalle quantità di sostanza con cui abbiamo a che fare, dalla chimica del composto, dalle proprietà fisiche e, insomma, dal caso specifico considerato in tutte le sue sfaccettature.
Potremmo derivatizzare il racemo con alcaloidi (es. chinolina) di cui conosciamo tutto dalla letteratura e poi fare una bella cristallizzazione frazionata; oppure potremmo sfruttare una reazione enantioselettiva che introduca un gruppo facilmente eliminabile in un secondo step. In tutte queste situazioni, come saprete o avrete appena notato, siamo costretti ad introdurre nel sistema degli enantiomeri puri, tipicamente di origine naturale (a patto che il composto non sia un conglomerato, situazione in cui la cristallizzazione ci offre altre vie interessanti). Non sarebbe un passo avanti da poco la conquista di un metodo che utilizzi esclusivamente fenomeni fisici per la separazione, prescindendo cioè del tutto dalla presenza di substrati chirali ed enantiomericamente puri.
Quando le molecole si avvicinano ad una superficie si polarizzano, per cui gli elettroni "si spostano da una parte all'altra della molecola" e cioè la carica subisce una redistribuzione della carica. E se fosse possibile manipolare il riconoscimento enantiomerico inducendo una polarizzazione dello spin? È qui che entra in gioco il magnetismo.
La relazione tra magnetismo e chiralità è stata alla base di una discussione durata un secolo portata avanti da due importantissime personalità, Pasteur e Lord Kelvin. Il primo, dopo aver scoperto che la chimica della vita mostrava una preferenza per molecole con una certa chiralità, ha provato a mettere in piedi esperimenti votati alla ricerca di forze fisiche intrinsecamente asimmetriche che potessero spiegare l'origine dell'omochiralità in ambito biologico (si chiedeva cioè come mai tutti gli amminoacidi fossero della serie L, tutti gli zuccheri della serie D ecc...). Tentò quelle che potremmo definire delle sintesi asimmetriche ante litteram, ovvero ad indurre dei prodotti enantiopuri, mettendo in agitazione i reagenti applicando un campo magnetico ed introducendoli in una centrifuga ed applicando, anche in questo caso, un campo magnetico, ma entrambi i tentativi fallirono. Questo mancato successo corroborava la conclusione di Lord Kelvin per cui "la rotazione magnetica per se stessa non ha nulla a che fare con la chiralità" (cit. Lord Kelvin, Baltimore Lectures on Molecular Dynamics and the Wave Theory of Light, C. J. Clay and Sons, London, 1904). Oggi un colpo di scena rianima questo dibattito solo apparentemente concluso: si tratta dei risultati ottenuti da Koyel Banerjee-Ghosh, Oren Ben Dor, Francesco Tassinari e collaboratori che hanno pubblicato questo studio su Science, in cui si prova l'esistenza di un'interazione enantioselettiva tra molecole chirali ed un substrato magnetizzato perpendicolarmente alla sua superficie. Va sottolineato che la discriminazione è mediata da una interazione spin-specifica, ma non dal campo magnetico di per sé.
Come si spiega questo fenomeno? Per capirlo dobbiamo partire dal moto degli elettroni, ed in particolare dal loro trasporto lungo le molecole chirali, il quale - in base a recenti studi già piuttosto validati - sembra essere spin-dipendente, con una orientazione di spin preferita determinata dalla chiralità della molecola e dalla direzione del moto. In altre parole, la redistribuzione della carica nelle molecole chirali manifesta una preferenza enantiospecifica nell'orientamento dello spin elettronico, quindi il comportamento degli elettroni non è lo stesso nei due enantiomeri ed è lo spin di questi ultimi ad influenzare la mobilità degli elettroni stessi.
Lo spin è una proprietà intrinseca di molte particelle subatomiche (anche i nuclei posseggono uno spin complessivo dato dalla sommatoria degli effetti degli spin dei nucleoni, quindi neutroni e protoni), solo che negli elettroni lo spin si presenta solamente in due stati: +1/2 e -1/2, o anche "up" e "down". Gli elettroni in uno spin mostrano sperimentalmente una maggiore "mobilità" di quelli nello spin opposto, ossia sembra siano maggiormente disposti ad effettuare determinate interazioni di scambio. Ron Naaman del Weizmann Institute of Science e Yossi Paltiel dell'Università Ebraica di Gerusalemme chiamano questo fenomeno CISS (chiral-induced spin selectivity).
Il risvolto pratico di tutto ciò è che si palesa sempre più la possibilità di risolvere un racemato sfruttando campi magnetici e substrati achirali, anziché costosi substrati chirali enantiopuri. Per raggiungere questo obiettivo, i ricercatori hanno riflettuto sulle conseguenze del CISS nell'interazione di una molecola con una superficie generica, dopodiché sulla possibilità di interferire magnetizzando la superficie. Se la molecola è chirale (ed è quindi soggetta al fenomeno CISS), gli elettroni di uno spin tenderanno preferenzialmente ad impegnarsi in interazioni con la superficie di contatto che gli elettroni nello spin opposto invece non saranno in condizione di generare con la stessa efficienza. Il risultato è che la molecola avrà, in prossimità della superficie, più elettroni con uno spin specifico, perché si tratta di quelli che interagiscono preferenzialmente con essa.
Magnetizziamo la superficie: gli stati di spin degli elettroni del materiale si orienteranno parallelamente al campo magnetico. Gli elettroni con uno spin dello stesso tipo (esempio up + up) si respingeranno gli uni con gli altri. Una molecola chirale che si avvicina alla superficie sarà attratta o respinta in base allo stato di spin degli elettroni che si concentrano sulla frontiera deulla superficie (secondo CISS). Come risultato, spiegano i ricercatori, la superficie magnetizzata adsorbirà preferenzialmente un enantiomero e non l'altro.
La validità della teoria non è stata solo testata su simulazioni computazionali, ma anche con corse cromatografiche vere e proprie: in un esperimento sono state sfruttate nanoparticelle di silice (esattamente come la silice utilizzata per impaccare le normalissime colonne cromatografiche) decorate con enantiomeri di un oligomero di polialanine ed una superficie placcata in oro e poi magnetizzata. Con l'aiuto del SEM, il gruppo di ricercatori ha potuto stabilire che le particelle con oligomeri di L-alanina adsorbono otto volte meglio di quelle con la D-alanina quando il campo magnetico punta dalla superficie verso l'alto, mentre le nanoparticelle di oligomeri di D-alanina adsorbono quattro volte meglio quando il campo punta verso il basso. Paltiel spiega che il loro gruppo ha provato con altre molecole chirali e non hanno ancora trovato enantiomeri che non mostrino adsorbimento preferenziale.
«Vorremmo arrivare al punto da permettere agli analisti di sostituire le colonne HPLC in fase chirale che utilizzano adesso con delle altre meramente magnetizzate», spiega Naaman (intervista su c&en). C'è ancora bisogno di lavorare molto per giungere a delle colonne commercializzabili, ma «raggiungere un simile obiettivo potrebbe sicuramente condurci a conseguenze molto rilevanti», aggiunge David Waldeck, un chimico fisico dell'università di Pittsburgh, che non è stato direttamente coinvolto nella ricerca ma che ha collaborato con Naaman sul CISS.
Fonti:
Note:
- Eutomero: l'enantiomero farmacologicamente più attivo dei due.
- Conglomerato racemico: è una miscela meccanica equimolare di cristalli, ciascuno dei quali contiene solamente uno dei due enantiomeri presenti in un racemo. La sua formazione si ottiene per cristallizzazione di un racemo, processo definito risoluzione spontanea e che permette di ottenere gli enantiomeri puri o quasi puri dal conglomerato tramite separazione. (IUPAC, tradotto su Wikipedia)
- Dicroismo circolare: Il dicroismo circolare, sigla CD dall'inglese circular dichroism, è il fenomeno fisico di assorbimento differente da parte di una sostanza chirale delle due componenti, destra e sinistra, della luce polarizzata circolarmente. (Wikipedia)
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