Nonostante la grande disponibilità di antibiotici, le infezioni rimangono una causa delle maggiori cause di morte, se guardiamo non solo al "mondo occidentale" ma all'intero pianeta. In assenza di nuove terapie, il tasso di mortalità dovuto ad infezioni non curabili da qui al 2050 potrebbe - prescindendo dall'ipotizzare nuove scoperte sostanziali - diventare il decuplo.

Ne parlavamo anche nel precedente articolo sulla teixobactina:

L'antibiotico-resistenza è un fenomeno in espansione, un'espansione rapida a tal punto che la ricerca di nuovi antibiotici non è stata sinora in grado di introdurre una quantità di farmaci adeguata a contrastare il fenomeno nella clinica di tutti i giorni. Il problema deriva dal fatto che la maggior parte degli antibiotici finora utilizzati è stata ottenuta screenando microorganismi del suolo, coltivabili, i quali costituiscono a malapena l'1% dei microrganismi complessivi. Tutti gli altri sono potenzialmente utili a trovare nuovi antibiotici, ma bisogna superare il problema dell'"incoltivabilità".

Poiché il microbioma resta ad oggi la migliore fonte di #antibiotici conosciuta, non ci resta che sbracciarci le maniche del camice ed andare a cercare nuovi prodotti naturali lì nell'enorme universo metabolico ad oggi ancora sconosciuto. A questo punto, per farla breve, una strategia potrebbe essere quella di concentrarsi su piccole fette del 99% di agenti microbiologici che non si trovano a livello del suolo (ed è quello che è stato fatto con la teixobactina) oppure ci si può soffermare sull'1% dei coltivabili, che - per quanto poco possa sembrare - in realtà comprende una abnorme varietà di microorganismi peraltro anche sconosciuti. È su questa regione dello spazio biologico che si sono concentrati i ricercatori che oggi ci parlano di malacidine. Il fatto che questi batteri siano potenzialmente coltivabili, non vuol dire però che quella sia la strategia migliore, anche perché non è sempre semplice ed è un processo lungo e costoso se si tratta di campioni ottenuti da 2000 tipologie differenti di terreno raccolti a destra e a manca viaggiando da una costa all'altra degli Stati Uniti. Per scovare più rapidamente questi tesori nascosti i ricercatori hanno sviluppato un sistema che definiscono "culture-independent (ossia che non richiede l'effettiva messa a punto di coltivazioni microbiologiche magari particolarmente ostiche e che prescinde totalmente da questa fase). Elenco in breve le fasi mediante cui hanno perciò indagato questa fetta di microbioma:

  • Raccolta del DNA di 2000 differenti terreni
  • Costruzione di una libreria elettronica di DNA
  • Individuazione di cluster genetici che si prevede codifichino per moduli leganti il calcio (che è perciò probabile siano legati, per una serie di ragioni, a molecole con le proprietà antibiotiche ricercate)
  • Clonazione di questi cluster di DNA
  • Introduzione del DNA clonato in ospiti facilmente coltivabili (S. cerevisiae, in questo caso)
  • Fermentazione
  • Estrazione dei prodotti naturali

Il 59% dei tag relativi ad antibiotici calcio-dipendenti individuati in "regioni inesplorate" del genoma è risultato essere connesso alla trascrizione di malacidine, una classe a sua volta piuttosto variegata (come si vede nell'immagine), ma che in quanto tale conserva determinati motivi costanti. Tra questi non vi è DXDG, conservato in tutti gli antibiotici calcio-dipendenti conosciuti (non è possibile approfondire in sede, perché altrimenti il post diverrebbe come minimo chilometrico, ma di norma il riferimento è la Daptomicina), per cui si tratta davvero di un composto piuttosto fuori dagli schemi noti.

Malacidina

Malacidine A e B sono lipopeptidi ciclici contenenti otto macrocicli amminoacidici e lipidi polinsaturi. Come abbiamo detto non è presente il motivo DXDG, ma presentano un raro aspartato idrossilato (che vedete evidenziato in viola). Gli stereocentri evidenziati con un asterisco erano già stati previsti informaticamente, ma sono stati poi convalidati da un'analisi spettroscopica a posteriori.

Le malacidine si sono mostrate attive contro patogeni resistenti ad una moltitudine di farmaci ora in uso, come le meticilline; parliamo innanzitutto di Staphylococcus aureus (noto MRSA), che è stato di fatto annientato in sperimentazioni su infezioni alla pelle di modelli animali (quindi non solo in vitro) e non ha dato cenno di resistenza (per lo meno in condizioni di laboratorio). Il meccanismo d'azione, comunque, sembra essere più simile a quello della vancomicina che della daptomicina (e qui il ciclo si chiude e torniamo alle modalità descritte nell'articolo sulla teixobactina, se siete interessati).

Ricapitolando: abbiamo forse trovato l'arma definitiva che ci era stata nascosta da divinità vendicative e che risolverà ogni problema di antibiotico-resistenza? Nient'affatto (va sottolineato per allontanarsi dalle ormai solite campane di stampa e blog vari, che ogni volta gridano o per lo meno alludono al miracolo), ma, se siete arrivati a leggere queste righe, credo che oltre all'intuito anche i dati vi stiano dimostrando che le malacidine con tutta probabilità si riveleranno un'arma piuttosto valida per evitare la catastrofica situazione prevista all'inizio dell'articolo, cosa che non può che farci piacere.


Fonti: