Torniamo a parlare di 'antibiotico-resistenza. Circa un anno fa, introducendo un interessante nuovo antibiotico, la teixobactina, definivamo il problema in questi termini:

L'antibiotico-resistenza è un fenomeno in espansione, un'espansione rapida a tal punto che la ricerca di nuovi antibiotici non è stata sinora in grado di introdurre una quantità di farmaci adeguata a contrastare il fenomeno nella clinica di tutti i giorni.

Appunti sulla progettazione di un antibiotico§

Principalmente distinguiamo tre meccanismi mediante cui i batteri sviluppano resistenza nei confronti dei nostri antibiotici:

  • Modifica del target
  • Superamento funzionale del target
  • Formazione di nuovi ostacoli al raggiungimento del target (pompa d'efflusso, impermeabilità, inattivazione enzimatica)

Nell'eludere la resistenza batterica dobbiamo tenere conto di questi tre punti e reagire di conseguenza, sviluppando vecchie classi di antibiotici, combinandone di esistenti, cercando nuove classi. Certo, le prime due vie sono più economiche da ogni punto di vista: costano meno, perché conosciamo già tutto dei nostri farmaci, e non ci fanno perdere tempo. D'altra parte è ovvio che sia più facile anche per i batteri eludere le nuove modifiche, poiché si va ad agire sempre sugli stessi meccanismi d'azione, quindi la strategia più proficua sul lungo periodo sarebbe senz'altro la più difficile: cercare e trovare nuove classi di farmaci.

Questi nuovi antibiotici sono idealmente costretti a soddisfare tre criteri:

  • Devono colpire un target vitale per la cellula batterica (se non uccidono il batterio di che antibiotici parliamo?)
  • Il farmaco deve essere selettivo per quel target (o comunque non deve avere target indesiderati, detti off-target)
  • Il batterio deve trovarsi in difficoltà (il più possibile) nell'elaborare nuove strategie di resistenza per mutazione

Andiamo nell'ordine e individuiamo un target vitale per la cellula batterica: abbiamo bisogno di qualcosa con cui sia possibile interferire sfruttando piccole molecole (per piccole molecole si intende quelle aventi un peso molecolare inferiore ai 500 Da). Certamente non pensiamo a proteine strutturali o lipidi, la cui funzione non viene in alcun modo scalfita da piccole molecole, fatta eccezione per radicali, epossidi e, insomma, roba particolarmente reattiva (che evitiamo perché potenzialmente tossica). Ci rivolgiamo quindi ad enzimi e recettori, che sono target perfetti, dato che dispongono di una tasca sulla quale la nostra molecola può legarsi, solitamente ostacolando il legame di altre molecole endogene.

Tra gli enzimi ed i recettori dobbiamo scartare quelli prodotti e sfruttati anche dalle cellule eucariotiche, poiché colpendo quelli otterremo effetti tossici anche per le nostre cellule: mai sfrutteremmo mostarde azotate per eliminare un batterio, il nostro DNA non è mica fatto con basi azotate diverse. Tolto in generale l'acido nucleico in sé, di cosa ha bisogno un procariote per vivere? Di sistemi per replicare il DNA! e questi presentano spesso differenze tra procarioti ed eucarioti, come nel caso delle vie anaboliche delle basi azotate. Insomma i procarioti generano nuovi "mattoncini" di DNA in maniera diversa rispetto agli eucarioti. Neanche a farlo apposta, questo è stato praticamente il primo target degli antibatterici di sintesi: proprio i sulfamidici, infatti, non fanno altro che interferire con la diipteroato sintetasi, agendo come inibitori competitivi ed ostacolando la sintesi dell'acido folico, fondamentale a sua volta per la replicazione del DNA.

Il principe dei target di chemioterapici antibatterici, però, non è il folato, ma la parete cellulare, ideale poiché assolutamente inesistente nelle cellule eucariotiche e non è un caso che gli antibiotici più usati la prendano di mira. Tra questi troviamo i famosissimi beta-lattamici, che includono le ancor più famose penicilline. Un altro target sarebbe dato dalla membrana plasmatica, ma si tratta di membrane fosfolipidiche come le nostre! Non è ragionevole perciò aspettarsi un elevato indice terapeutico (alta selettività, non tossicità). Un esempio di antibiotici già commercializzati che inibiscono l'attività della membrana è dato dalle polimixine, ma si tratta infatti di farmaci piuttosto tossici, usati solo in circostanze molto particolari in cui si hanno poche alternative.

Ci sono target però potenzialmente molto importanti e ancora meno esplorati della parete ed hanno a che fare con la sintesi di proteine, che è vitale in qualunque cellula, eucariotiche incluse, ma che si sviluppa su una pletora di vie metaboliche, spesso relativamente poco conservate. E qui veniamo al dunque: affinché la sintesi proteica riesca come previsto, è fondamentale che il t-RNA carichi un amminoacido, così da "fornirlo" al ribosoma come materiale di costruzione per la struttura primaria della proteina. Quindi possiamo prendere di mira le subunità ribosomiali (30S, 50S), cosa già affrontata da farmaci molto conosciuti ed utilizzati, come le tetracicline, ma possiamo anche concentrarci sul t-RNA in sé, impedendone la formazione. Su quest'ultima scia stanno nascendo i recenti inibitori di aaRS, ossia quei farmaci che hanno come target l'enzima che si occupa di accoppiare il t-RNA al proprio amminoacido corrispondente, così da costituire un complesso che potrà poi andare a posizionarsi sul ribosoma. Bloccando questa azione, la sintesi proteica risulterà pesantemente ostacolata, il che condurrà quasi sicuramente alla morte dell'organismo patogeno.

Ricapitolando:

  • Abbiamo bisogno di nuovi #antibiotici
  • Meglio se con nuovi meccanismi d'azione
  • Con le piccole molecole è meglio avere target che siano enzimi o recettori (sono più "druggable" di altre macromolecole biologiche)
  • Potremmo interferire con la sintesi proteica

Il caso degli inibitori di aaRS§

Una via per interferire con la sintesi proteica è data dall'impedire al t-RNA di caricare nuovi amminoacidi, operazione che viene effettuata dall'amminoacil-tRNA sintetasi (aaRS), enzima presente praticamente in tutti gli organismi viventi ed in un buon numero di varianti, dato che la maggior parte di questi ne possiede almeno 20 tipi, cioè uno per ogni amminoacido. Tolti i 20 amminoacidi classici, ne conosciamo anche altri, per i quali esistono perciò specifici aaRS, tra cui la selenocisteina e la pirrolisina. Prima di scegliere il nostro aaRS come target, oltre a capire cosa fa, abbiamo bisogno di sapere come funziona e come è fatto.

L'obiettivo dell'enzima è quello di catalizzare la creazione di un legame covalente tra una subunità di t-RNA ed un amminoacido specifico. Questo vuol dire che è necessario che riconoscano ben DUE substrati: il t-RNA e l'amminoacido. L'accoppiamento effettivo è dato da:

  1. Attivazione del gruppo carbossilico amminoacidico mediante attacco nucleofilo sull'alfa-fosfato dell'ATP legato all'amminoacido, per cui si genera un aa-AMP e si libera un pirofosfato;
  2. Esterificazione (sempre mediante attacco nucleofilo) tra un gruppo idrossilico del ribosio del t-RNA ed il carbossile attivato dell'amminoacido.

Da un punto di vista strutturale è possibile distinguere due grandi classi di aaRS: da una parte una decina di aaRS che si occupano di una decina di amminoacidi, dall'altra un'altra decina di aaRS per l'altra decina di amminoacidi; fa eccezione lysRS (l'aaRS che si occupa della lisina), che è presente in entrambe le classi in due versioni differenti. Le differenze strutturali della tasca enzimatica nei due gruppi comportano una differenza non da poco nella catalisi:

  • La classe I esterifica l'ossidrile in 2 del ribosio (del t-RNA)
  • La classe II esterifica l'ossidrile in 3 del ribosio (del t-RNA)

Classificazione degli aaRS, tabella

Sorprendentemente, la maggior parte degli organismi possiede entrambe le versioni di lysRS, ma molti archae e certi batteri posseggono solo la lysRS di classe I, per cui questo enzima rappresenta potenzialmente un validissimo target per lo sviluppo di antibiotici, ma fondamentalmente ogni aaRS può essere un valido target nelle giuste condizioni: prendiamo come esempio l'unico inibitore aaRS al momento già commercializzato, la mupirocina; ottimo per contrastare gram+, è adatto alla terapia contro specie resistenti come gli MRSA (stafilococchi meticillina-resistenti) ed è un inibitore dell'isoleucil-t-RNA-sintetasi (IleRS).

mupirocina

Usi clinici:§

Utilizzato solo come topico. Ottimo per lesioni cutanee da stafilococchi oppure come unguento nella terapia dell'eradicazione nasale dello Staphylococcus aureus in soggetti portatori. Quella calcica al 2% è anche utilizzata come prevenzione delle infezioni da catetere correlato in pazienti che eseguono emodialisi da catetere. (Wikipedia)

Questo ovviamente perché l'IleRS è sfruttata anche dalle nostre cellule, per cui la presenza in circolo di quantità citotossiche di mupirocina avrebbe pesanti effetti collaterali, mentre l'uso topico è decisamente più sicuro a causa della meravigliosa barriera farmacocinetica che è la nostra pelle. Il maggiore problema di questa classe, comunque, è chiaro ed è la scarsa selettività. Possiamo rendere i farmaci maggiormente selettivi? Assolutamente sì, è possibile ed è già stato fatto. Ci riferiamo al caso dell'albomicina, di cui abbiamo già parlato il mese scorso, e della Microcina C (McC).

Albomicina δ2

L'albomicina è un SerRS, cioè un inibitore della seril-tRNA-sintetasi. La particolarità risiede nel fatto che agisce come "cavallo di troia" (trojan horse inhibitor), in quanto ha la porzione attiva protetta da un idrossammato sideroforo che viene idrolizzato (e quindi rimosso) solo a seguito di un trasporto attivo operato dal batterio, per cui si tratta di un vero e proprio profarmaco, che si attiva solo a seguito di una metabolizzazione specifica. Quindi, nonostante si tratti di un inibitore di un enzima di cui dispongono anche le nostre cellule, per ragioni farmacocinetiche risulta assolutamente selettivo per i batteri ed innocuo nei nostri confronti. Discorso simile va fatto per la Microcina C, che passa tramite trasportatore YejABEF e viene poi processato dalle amminopeptidasi cellulari. La Microcina C è un inibitore dell'aspartil-tRNA sintetasi (AspRS), attivo su molti Gram negativi, come Escherichia coli, Klebsiella, Salmonella, Shigella e Proteus.

Molti composti naturali, come i precedenti, sono stati classificati quali inibitori di aaRS grazie ad high throughput screening, ma solo pochi di questi hanno raggiunto ad oggi i trials clinici. La mupirocina, unico composto della classe già in commercio, è provato dal fioccare delle numerose resistenze dovute alle mutazioni genetiche che riguardano il target proteico; sì, stiamo studiando nuovi farmaci che possano aiutare la mupirocina ad eludere i meccanismi di resistenza, ma la strategia al momento maggiormente auspicabile comprende la messa a punto di un inibitore "multi-selettivo", in grado cioè di interferire con l'attività di vari aaRS contemporaneamente. Questi studi sono ancora allo stadio embrionale ma l'idea è quella di prendere come target IleRS, ValRS e LeuRS, per esempio, poiché si tratta di enzimi che hanno come substrati degli isosteri e quindi con siti enzimatici abbastanza simili.


Fonte: NCBI/PUBMED