GAMIFANT (emapalumab): il primo farmaco contro la linfoistiocitosi ematofagica
Il farmaco appena approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) è un anticorpo monoclonale anti-IFNγ sviluppato dalla Novimmune, quindi una macromolecola (emapalumab) che va a contrastare gli effetti tossici dovuti ad eccessive quantità di interferone-γ e quindi utile nel trattamento della linfoistiocitosi ematofagica (hemophagocytic lymphohistiocytosis, HLH). Si tratta di una rara patologia del sistema immunitario, conosciuta anche come sindrome da attivazione macrofagica (MAS), i cui effetti si manifestano tipicamente già nel bambino e per la quale fino ad oggi non esisteva un farmaco dedicato.
La sindrome comporta una disfunzionalità grave di certi linfociti, i quali diventano iperattivi ed iniziano a rilasciare un numero abnorme di citochine (molecole pro-infiammatrici). Queste portano ad una infiammazione sistemica che comporta danni gravi ad organi del malato, come il fegato, il cervello ed il midollo osseo. In poche parole il sistema immunitario aggredisce in maniera abbastanza generica l'organismo stesso. Si parla di linfoistiocitosi ematofagica familiare quando è ereditata dal genitore, ma la malattia può essere contratta anche per cause non ereditarie. I sintomi tipicamente si manifestano già nel primo anno di vita ed includono febbre, ingrossamento del fegato o della milza ed eritrocitopenia (carenza di globuli rossi). Se non trattata, la malattia è letale, mentre con le migliori cure utilizzate finora non si è comunque stati in grado di superare la soglia del 40-50% di tasso di mortalità.
Il farmaco prende di mira una citochina in particolare, l'interferone-γ, secreta da cellule Natural Killer (NK), Natural Killer T (NKT), così come dai linfociti CD4± e CD8±, utilissima (in quantità fisiologiche) per contrastare infezioni virali e batteriche intracellulari. Quantità particolarmente elevate sono associate, oltre che a questa sindrome, anche a lupus, diabete insulina-dipendente ed artrite, tra le altre.
L'efficacia di Gamifant è stata studiata in un trial clinico di 27 pazienti pediatrici con confermato o sospetto HLH familiare, sia tra chi stava già seguendo le terapie convenzionali e sia tra gli intolleranti alle stesse terapie. L'età media dei pazienti era di un anno. Lo studio ha mostrato un 63% di pazienti che hanno sperimentato un responso positivo ed un 70% che è stato in grado di procedere col trapianto di staminali.
In studi preclinici Novimmune ha dimostrato che neutralizzare IFNγ nel modello animale ha portato ad una normalizzazione dei parametri clinici e quindi ad una riduzione dell'incidenza di morte, mentre l'inibizione di citochine differenti non garantiva risultati simili.
Gli effetti collaterali più comuni che sono stati riscontrati includono ipertensione, ipopotassemia, febbre e, in modo del tutto non sorprendente, infezioni. Inibendo l'interferone, infatti, ostacoliamo l'attività del sistema immunitario anche contro i patogeni, infatti i pazienti durante il trattamento non devono ricevere somministrazioni di vaccini vivi e dovrebbero essere monitorati costantemente e con attenzione, durante tutta la durata della terapia.
Fonti:
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