La briostatina 1, prodotto naturale marino, si è rivelato promettente per il trattamento di cancro, Alzheimer e HIV. Ma né il composto in sé, né i derivati sono mai stati approvati come farmaci. Uno dei problemi che ha ostacolato l’attuarsi di questo notevole potenziale farmacologico è proprio la scarsa disponibilità del composto. Solamente in quest’ultimo periodo, i chimici della Stanford University, sotto la guida di Paul A. Wender, hanno sviluppato ed accorciato la sintesi della briostatina 1, rendendo possibile la produzione di sufficienti quantità di sostanza, al fine di poter passare ai trial clinici.

briostatina

Verso la fine degli Ottanta, i chimici al National Cancer Institute statunitense hanno prelevato 12,700 Kg di Bugula neritina - praticamente l’equivalente in peso di un pullman - e da questa quantità abnorme di piccoli animali marini hanno isolato solamente 18 g di briostatina 1, che è di fatto meno del formaggio che metti sulla pasta a mezzogiorno.

La gran parte di quel materiale è stato usato per sostenere più di una trentina di trial clinici testandone le potenzialità come chemioterapico anticancro, le quali purtroppo ad oggi si sono rivelate piuttosto scarse.

La nuova sintesi a 29 step di Wender, che ha grosso modo metà dei passaggi necessari nella vecchia (sviluppata da Gary Keck, dell’Università dello Utah), perciò potrebbe rifornire le scorte per dei trial clinici in altre aree terapeutiche in cui la briostatina si è dimostrata promettente (Science 2017, DOI: 10.1126/science.aan7969).

Frank Fang, vicepresidente dell’Andover innovative Medicines Institute dell’Eisai, spiega così l'importanza della nuova sintesi totale:

“Il recente lavoro del gruppo di Wender segna un passo avanti significativo per risolvere il problema delle scorte, cosa che renderà possibile una piena valutazione clinica delle briostatine come agenti chemioterapici. In particolar modo, è adesso possibile produrre per sintesi totale quantità di briostatina 1 sull’ordine del grammo. La nuova via sintetica ha tutt’una serie di affascinanti caratteristiche - convergenza, passi abbreviati, un fine composto cristallino finale - che ci fanno ben sperare per un eventuale sviluppo in un ciclo di fabbricazione.”

Wender afferma che alla base del loro successo non ci sono state particolari svolte nel campo della sintesi organica tali da aiutare il suo gruppo ad ottimizzare a tal punto la sintesi della briostatina-1.

"Dietro c’è solo duro lavoro ed intelligenti trovate sintetiche. È un po’ come correre una maratona. L’importante è come inizi, cosa ti trovi davanti nel mezzo della corsa e come tagli il traguardo.”

Al momento sta discutendo con dei potenziali partner per sovra-scalare leggermente la sintesi utilizzando delle buone pratiche di lavorazione, al fine di poter utilizzare il materiale in #clinica.

Ultima fase della sintesi

La briostatina 1 ha ottenuto il via libera per i trial clinici sugli umani, ma Wender pensa ancora che buona parte degli analoghi della briostatina possano essere di fatto ancor più utili come farmaci. Nei suoi lavori più recenti con l’Università della California ha mostrato che l’analogo SUW133 può trascinare l’HIV latente fuori dalle cellule ed uccidere il #virus più efficacemente di quanto la briostatina 1 non faccia su un modello animale (PLOS Path. 2017, DOI: 10.1371/journal.ppat.1006575).

“Tra i tanti obiettivi del loro lavoro, due sono quelli decisamente rilevanti al fine di curare l’HIV: l’eliminazione della persistente immuno-attivazione a seguito del rovesciamento della latenza dell’HIV-1 ad opera del farmaco e l’uccisione di una significativa percentuale di cellule a seguito della riattivazione dell’HIV-1 latente,” commenta Santiago Moreno, un esperto di patologia infettiva al Ramon y Cajal Hospital di Madrid. “Se questi risultati saranno replicati nei testi sugli esseri umani, potremmo ritrovarci dinnanzi ad un singolo farmaco in grado di fare davvero il grosso del lavoro sporco, superando entrambe le problematiche contemporaneamente.”


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